Legge di Bilancio 2023 – Manovra Economica a Destra

 

A un mese esatto dall’insediamento del nuovo governo guidato da Giorgia Meloni, il primo governo di destra della Repubblica Italiana, è stata presentata in Consiglio dei Ministri la legge di Bilancio 2023.

La neo Premier ha correttamente specificato che questa manovra economica è frutto di un governo politico. Un governo che, a suo dire, ha una «visione» che si svilupperà per i prossimi cinque anni di legislatura. Tale «visione» ha sicuramente deluso gran parte di coloro che hanno votato Fratelli d’Italia, il partito guidato proprio dalla Presidente del Consiglio dei Ministri. In molti, infatti, speravano nell’avvento di una destra sociale, vicina alle classi meno agiate e invece si nota subito una legge di Bilancio all’insegna della continuità col governo precedente diretto da Mario Draghi e di cui Giorgia Meloni è stata sempre tenace avversaria insieme a Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana.

Questa robusta continuità col Governo Draghi si esplica chiaramente, oltre che dai provvedimenti economico finanziari, anche dalle parole contenute nella nota scritta dall’esecutivo in cui si sottolinea un approccio «sostenibile per la finanza pubblica …prudente e realista», del resto una cosa è stare all’opposizione, altro è avere la responsabilità di governare la nazione.

Analizzando i numeri si osserva che la legge di Bilancio vale 35 miliardi di €, di cui 20 in deficit, così come negoziato dall’ex governatore della BCE con la Commissione Europea. Altro segnale di continuità col governo precedente sono i 22 miliardi di € (il 65% del totale) dedicati a misure di contenimento del caro energia (congelamento degli oneri di sistema, sussidi, crediti d’imposta per le imprese energivore, IVA al 5% sul gas) dimezzati, invece, gli sconti sui carburanti. Secondo gli analisti queste misure basteranno fino a marzo, quindi c’è il serio rischio di una manovra correttiva, data pure la forte inflazione che è ormai al 12%.

Quello che sembra mancare è un serio impegno volto a contenere l’ondata speculativa sui prezzi dell’energia, che è la causa primaria dell’aumento delle bollette.

C’è poi la riduzione, fino al 3%, del cuneo fiscale (il rapporto tra l’ammontare delle tasse pagate da un singolo lavoratore medio e il corrispondente costo totale del lavoro per il datore) per un totale di oltre 4 miliardi di € che però ha poco o nulla a che vedere con una seria manovra espansiva tendente a stimolare la domanda aggregata, dato che si tratterà di pochi euro in busta paga.

Lascia molto perplessi invece il ripristino dei voucher lavoro per badanti, colf, braccianti, lavoratori della ristorazione e di alberghi, di cui abbiamo già visto i deleteri effetti in termini di sfruttamento e illegalità diffusa dal 2008 al 2017, quando furono finalmente cancellati.

Esattamente l’opposto di una misura di cui necessiterebbe assolutamente questo Paese e il suo mercato del lavoro in gran parte povero, il salario minimo garantito.

Del resto le dichiarazioni sull’abolizione del Reddito di Cittadinanza e le tappe che porteranno al suo superamento sono indicative di un approccio che vede nella povertà una colpa e l’incentivo a una miserevole guerra tra poveri, occupabili, occupati e non, invece di una sacrosanta redistribuzione delle ricchezze a vantaggio delle fasce di popolazione più deboli.

Questa redistribuzione della ricchezza, sancita dall’art. 53 dalla Costituzione, sarebbe compito della politica fiscale, ma questa destra di governo dimostra come al solito un’avversione al fisco, considerato quasi un acerrimo nemico dei cittadini ed ecco allora l’avvento della rottamazione o annullamento delle cartelle esattoriali antecedenti al 2015 fino a mille euro, sopra tale livello si potrà pagare in 5 anni con una mini sanzione del 5%, la chiamano pace o tregua fiscale.

Incomprensibile la cosiddetta flat tax al 15% per gli autonomi fino a 85.000 €, praticamente meno tasse per chi da sempre non è certo un contribuente esemplare e l’eliminazione dell’obbligo del POS per i pagamenti con carte di credito e bancomat sotto i 30 €. Per non parlare del tetto al contante portato a 5mila €. Il tutto per accontentare Salvini.

Tra gli aiuti alle famiglie è prevista l’IVA al 5% per pannolini, assorbenti, seggiolini per auto e cibo per l’infanzia. Misura giusta, ma di cui usufruiranno poveri e ricchi, alla faccia della progressività sempre sancita sempre dall’articolo 53 della Costituzione.

Per quanto concerne le pensioni, suscita altrettanta perplessità e probabile incostituzionalità l’opzione donna che consente di andare in pensione prima in base a quanti figli tali lavoratrici hanno donato alla Patria.

Totalmente incomprensibile la riattivazione della Società per il Ponte di Messina, opera faraonica la cui utilità e fattibilità è tutta da dimostrare stante pure lo stato precario delle strade e dei trasporti ferroviari al sud Italia e specificatamente in Calabria e Sicilia.

Pare invece accantonato, almeno per ora, l’ennesimo condono, la sanatoria per il rientro dei capitali detenuti all’estero sulla stessa linea di quello fatto dal Governo Renzi, che guarda caso, per bocca di Carlo Calenda, pare voglia un confronto sulla manovra con Giorgia Meloni.

Forse si profila all’orizzonte una desistenza o un’alleanza con Azione e Italia Viva? Qualcuno s’offre?

 

 

 

© 2022  Pierstefano  Durantini