Un Poliziotto in Missione all’Estero

 

Marco (nome di fantasia ndr) ha poco meno di 40 anni e lavora in Polizia da circa 20. È stato un mese in missione internazionale in Spagna, una missione europea che ha come fine il contrasto all’immigrazione illegale.
Marco parlaci un po’ di te e del tuo lavoro in Polizia?
Ho quasi 40 anni, sono uno sportivo, amo il tennis e sono tifoso della mia squadra del cuore, la Roma. Ho una bellissima famiglia composta da mia moglie e da una piccola peste di 8 anni.
Metà vita l’ho passata nell’Amministrazione di cui sono fiero di far parte e da quasi sette anni presto servizio nella Polizia Scientifica, lo ritengo uno dei lavori più belli che esistano al mondo.
Perché hai deciso di partecipare a questa missione internazionale?
Avevo la volontà di provare questa esperienza per poter misurare le mie capacità anche in ambito internazionale. Sicuramente non lo si fa per fini economici vista la scarsità della diaria giornaliera.
Quanto è durata la missione e come funzionavano lì le cose? Insomma com’era organizzato il lavoro?
La mia missione è durata un mese, ma componenti di altre nazioni sono stati impiegati per periodi più lunghi. Il team aveva una programmazione settimanale di base, rimanendo comunque reperibile in caso di sbarchi. La squadra era composta da tre figure: screener, fingerprinter e debriefer. I primi si occupavano, durante le fasi di sbarco, di effettuare interviste mediante l’ausilio di interpreti per individuare la nazionalità degli immigrati e raggruppare eventuali nuclei familiari, i secondi procedevano all’identificazione dattiloscopica, mentre i terzi svolgevano un’attività di tipo investigativa atta alla ricostruzione del viaggio al fine di rintracciare eventuali favoreggiatori del fenomeno migratorio, cercare di capire chi erano gli organizzatori, gli scafisti ecc.
Tu sarai stato sicuramente anche a Lampedusa, che differenze hai riscontrato con la Spagna? Intendo sia dal punto di vista della Polizia che degli immigrati.
Sicuramente la differenza più grande è data dalla portata del fenomeno, a Lampedusa si assiste ormai da anni a una vera e propria invasione, in Spagna i numeri, almeno durante il mio periodo di missione sono stati notevolmente minori. A Lampedusa arrivano immigrati da ogni parte dell’Africa e persino dall’India, in Spagna gli immigrati erano prevalentemente marocchini, mauritani e gambiani. In Spagna non erano presenti ONG e gli immigrati affrontano la traversata senza alcun aiuto, spesso in condizioni disperate, oltre il limite umano.
Come sono stati i rapporti coi membri delle altre forze dell’ordine? Che differenze hai riscontrato?
Forse questo è stato il punto migliore della missione. C’è stato da subito un feeling speciale tra i componenti delle varie nazioni. Rispetto e tanta collaborazione hanno permesso che le varie attività venissero svolte in un clima sereno, anche durante i momenti umanamente più duri.
Ti ricordi qualche episodio che ti è rimasto impresso o che ti ha toccato particolarmente?
Beh diciamo che un giorno è approdato un cayuco, una sorta di imbarcazione costituita da un grande tronco d’albero scavato, come una grande canoa in legno, con a bordo cittadini Mauritani e giunto al porto dopo circa 15 giorni di navigazione nel mezzo dell’oceano atlantico. I naviganti erano in fin di vita, con evidenti segni di disidratazione e malnutrizione, non parlavano alcuna lingua europea, avevano le mani rigide e la pelle secca. Non potevano più essere definiti esseri umani. Beh, non dimenticherò mai quei volti sofferenti privi di espressività.
Cosa pensi della politica italiana ed europea per il contrasto all’immigrazione?
L’Italia negli scorsi anni ha ceduto la propria sovranità alla comunità europea firmando gli accordi di Dublino in maniera colpevolmente miope. Ora con la solita memoria corta ci si accorge della presenza di ovvie difficoltà che uno stato di confine è soggetto ad affrontare.
La politica interna ha creato le proprie fortune sul fronte immigrazione, spesso rilasciando dichiarazioni propagandistiche basate esclusivamente sull’andamento dei sondaggi. Concretamente non si muove nulla.
L’Europa è spaccata in due, quella del nord ove la qualità della vita è di gran lunga migliore, si limita a lavare le proprie coscienze pagando quanto dovuto dai succitati accordi e lasciando la gestione dell’accoglienza a quella del sud composta dai paesi di frontiera come il Portogallo, la Spagna, l’Italia e la Grecia.
Consentimi questa metafora, possiamo immaginare il fenomeno migratorio dall’Africa all’Europa come un maiale, animale di cui notoriamente non si butta via niente, pagato dagli stati del nord e macellato da quelli del sud e sul cui grasso colante si gettano a capofitto tutti, malavita compresa.
E di certi politici italiani? Penso a Salvini che dice che l’attuale Ministro dell’Interno italiano non è in grado di fronteggiare quella che lui definisce un’invasione o a Giorgia Meloni che parla sempre di blocco navale, ti pare una soluzione fattibile?
Secondo me può ordinare di chiudere i porti solo chi non ha mai visto un barcone che ha attraversato il mediterraneo. Quando si parla di immigrazione, si parla di esseri umani e spesso certe persone non hanno chiaro in mente di cosa si tratti.
Il tuo bilancio finale? Lo rifaresti?
E’ stata un esperienza molto bella e incredibilmente formativa sotto l’aspetto professionale e personale. Mi sono trovato subito a mio agio nel collaborare con i colleghi delle altre polizie straniere con i quali ho stretto splendide amicizie. D’altro canto è stato molto duro lasciare la mia famiglia per un periodo così lungo. Credo che ripeterò questa esperienza quando mia figlia sarà più grande, perché non voglio perdermi nemmeno un altro giorno della sua spensierata infanzia.

© 2021 Pierstefano Durantini