[cmsms_row data_width=”boxed” data_padding_left=”3″ data_padding_right=”3″ data_color=”default” data_bg_color=”#ffffff” data_bg_position=”top center” data_bg_repeat=”no-repeat” data_bg_attachment=”scroll” data_bg_size=”cover” data_bg_parallax_ratio=”0.5″ data_color_overlay=”#000000″ data_overlay_opacity=”50″ data_padding_top=”0″ data_padding_bottom=”50″][cmsms_column data_width=”1/3″][cmsms_image align=”none” animation_delay=”0″]228|https://www.pierstefanodurantini.it/wp-content/uploads/2018/03/16-facebook-20141221-184416.png|full[/cmsms_image][/cmsms_column][cmsms_column data_width=”1/3″][cmsms_image align=”none” animation_delay=”0″]229|https://www.pierstefanodurantini.it/wp-content/uploads/2018/03/16-facebook-20141221-184638-580×435.png|project-masonry-thumb[/cmsms_image][/cmsms_column][cmsms_column data_width=”1/3″][cmsms_image align=”none” animation_delay=”0″]230|https://www.pierstefanodurantini.it/wp-content/uploads/2018/03/16-facebook-20141221-184814-580×435.png|project-masonry-thumb[/cmsms_image][/cmsms_column][/cmsms_row][cmsms_row data_width=”boxed” data_padding_left=”3″ data_padding_right=”3″ data_color=”default” data_bg_color=”#ffffff” data_bg_position=”top center” data_bg_repeat=”no-repeat” data_bg_attachment=”scroll” data_bg_size=”cover” data_bg_parallax_ratio=”0.5″ data_color_overlay=”#000000″ data_overlay_opacity=”50″ data_padding_top=”0″ data_padding_bottom=”50″][cmsms_column data_width=”1/1″][cmsms_text animation_delay=”0″]

La sveglia suona, l’orologio segna le ore 6 di una fredda domenica mattina di fine novembre a Firenze e tra qualche ora correrò la mia ventiquattresima maratona. Non sono nervoso come al solito, si l’adrenalina c’è, quella la sento, ma le sensazioni stavolta sono diverse, sono molto più tranquillo. Del resto solo un mese fa ho corso i 42,195 mt a Venezia, non stavo bene e la gara non è andata come sperassi o almeno all’altezza di come l’avevo preparata, ma l’ho portata a termine ugualmente, questo è lo spirito della maratona o quantomeno il modo in cui la intendo io. Ma stavolta è diverso, oggi correrò per la prima volta coi Maratonabili, un‘associazione di runners che partecipa alle gare accompagnando ragazze e ragazzi diversamente abili in carrozzina, spingendoli durante tutto il percorso, affinché si sentano protagonisti e parte di un gruppo come tutti gli altri corridori. Ieri al ritiro dei pettorali e poi la sera, durante la cena organizzata da loro, ne ho conosciuti alcuni come Margherita, Michele, Cosimo e buona parte degli altri corridori. Ho subito compreso lo spirito e la profonda umanità che li anima e li unisce. Si tratta di un gruppo di gran caciaroni, tutti molto allegri e simpatici, ho quindi capito che durante la maratona ci si divertirà da matti.
Scendo con mia moglie Delia per far colazione e l’albergo è già tutto un pullulare di atleti assonnati, ma pronti a rifornirsi di carboidrati per lo sforzo che li attende. Riconosco alcuni romani, ci si saluta e poi, mentre sorseggio una tazza di thè accompagnata da un pezzo di crostata e qualche fetta biscottata con miele e marmellata, mi accorgo che al tavolo accanto ci sono alcuni top runners, sia italiani che stranieri. Arriveranno prima di me, anzi di noi Maratonabili, ma lo sforzo per percorrere i 42.195 metri sarà lo stesso, infatti questo è il bello e la magia dell’atletica leggera tutti correremo sullo stesso identico percorso, ma io so che oggi mi divertirò più di loro e me la godrò assai.
L’appuntamento per noi del gruppo è nella caserma dei Carabinieri sul lungarno accanto alla partenza. Ci salutiamo e rimango immediatamente affascinato dalla perfetta organizzazione, c’è chi monta le carrozzine e le mette a punto, secondo le specifiche esigenze dei ragazzi, con l’abilità di un meccanico, manovrando pinze e chiavi inglesi con la facilità di chi la sa lunga. Da un’altra parte c’è chi, con l’ausilio di una bombola di elio, gonfia decine e decine di palloncini bianchi col nostro logo, che verranno poi legati a ogni singolo corridore e alle carrozzine. Intanto accanto a noi si stanno scaldando gli atleti professionisti, qualche keniano ci osserva e sorride, chissà se capisce fino in fondo cosa stiamo facendo e quel che sta per accadere. Sono le 8.40 siamo pronti, usciamo dalla caserma per dirigerci sotto l’arco di partenza e qui già comincio a emozionarmi. Infatti appena varchiamo l’uscita e affianchiamo le gabbie di partenza dove si stanno sistemando le migliaia di maratoneti, veniamo sommersi dagli applausi. Mentre percorriamo il viale è un continuo di incitamenti e di saluti. Ci riconoscono perché sanno chi sono i Maratonabili e vogliono far sentire tutta la loro vicinanza e il loro calore agli otto atleti speciali, che oggi parteciperanno alla Firenze Marathon, comincio subito a commuovermi. Non faccio in tempo a riprendermi che già siamo sulla linea di partenza, lo speaker ci saluta e ci presenta, che bello! Già solo questo mi basterebbe. Incontriamo un altro gruppo di corridori francesi simile al nostro, immediatamente scatta l’empatia e ci salutiamo con baci e abbracci. Dietro di noi ci sono i top runners ci guardano incuriositi, anche perché facciamo un gran casino e diamo un po’ di colore a questa mattina uggiosa. Tanti sono quelli di noi che indossano parrucche colorate o cappelli curiosi. Siamo circa ottanta corridori e 8 carrozzine. Il Sindaco viene a salutarci, facciamo qualche foto assieme, io ne approfitto per salutare mia moglie, che sta li accanto a noi. Delia mi ha seguito in tante maratone in giro per il mondo, ma mai è stata sulla linea di partenza, come me del resto, osservarla felice e sorridente rende ancora più speciale questa giornata, penso che vorrei condividere questi momenti anche con mia figlia, che a soli 19 anni sta passando un momento difficile della sua vita, ma so che lei in questo momento, con i suoi demoni dentro, è tanto, troppo lontana da me, non mi resta che un auspicio per il futuro, magari già il prossimo anno, speriamo, chissà!
Si parte e i primi 300 mt sono una sorta di sfilata orgogliosa, con tante persone che ci salutano e ci applaudono, poi ci accostiamo da un lato e lasciamo scorrere gli atleti. Sono quasi diecimila, un fiume in movimento tra mille colori, loro corrono noi li incitiamo e ci salutano, l’atmosfera è magicamente fraterna. Dopo qualche minuto i coordinatori ci danno il segnale, tocca di nuovo a noi, si riparte e così la nostra maratona può continuare. I primi km servono a trovare un passo comune e infatti ci assestiamo intorno ai 6’/5’50’’ a km, cominciamo a superare i corridori più lenti col nostro passo regolare, il primo rifornimento lo saltiamo perché la folla è ancora tanta. Ormai siamo molto ben organizzati, corriamo sulla destra del percorso, alcuni si avvicendano nella spinta delle carrozzine, gli altri come gabbiani circondano il mezzo per proteggerlo dagli altri corridori e avvisano della presenza di eventuali buche, tombini o problemi dell’asfalto. I km scorrono che nemmeno ce ne accorgiamo, alle Cascine, tra il decimo e il quindicesimo km, osserviamo i più forti nel senso contrario al nostro e in tanti ci salutano, perché sicuramente ci facciamo notare, tanto è il rumore che facciamo, tra fischietti, canzoni e schiamazzi vari. Le battute simpatiche si sprecano, i ragazzi sono felici e complici in questa bella avventura, Cosimo canta e chiacchiera, Margherita non vuole che ci fermiamo neanche al rifornimento, vorrà forse raggiungere i keniani? Franco, il nostro instancabile capo, fa il doppio della fatica andando su e giù per coordinare gli 8 gruppi. La carovana procede con una formazione bellissima, davanti ci sono 3 ragazze, capitanate da Annalisa, che fanno il ritmo, tutti noi dietro in fila indiana. Comincio a conoscere gli altri e a scambiare qualche parola, sono emozionato e felice di esser li con loro e di dare il mio contributo. È la prima volta per me coi Maratonabili eppure mi pare di conoscerli da sempre, sorridiamo tutti e c’è un spirito di solidarietà che scalda il cuore. Ogni volta che incontriamo corridori col nome sulla maglia li chiamiamo e loro ci rispondono sorridendo, quando mi accorgo, tramite il completino, che c’è qualche mio concittadino romano mi ci metto a parlare e lo incito, del resto il ritmo a cui sto correndo è per me abbastanza facile. Siamo alla mezza maratona, li c’è il mio albergo, ma soprattutto li c’è l’appuntamento col resto del gruppo tra cui quelli che accompagnano la piccola Caterina. Lei non parla, ma i suoi occhi espressivi nel vederci, sono uno spettacolo …dai Cate forza dai! Vieni con noi! Vedo mia moglie, l’abbraccio, la bacio e provo a trasmetterle un po’ di quelle sensazioni bellissime che sto provando. Il suo sorriso e i suoi occhi lucidi mi confermano che siamo sulla stessa lunghezza d’onda, ci siamo intesi al volo, lei ha capito e ha condiviso i miei sentimenti. Daje ragazzi! daje! I km scorrono sotto i nostri piedi, la stanchezza comincia a sentirsi, facciamo il rifornimento del venticinquesimo km e proseguiamo verso i larghi viali che circondano lo stadio, non proprio il massimo per una città bella come Firenze, ma l’entusiasmo non ci abbandona, anche perché tra poco torneremo in centro. Al ventottesimo uno di quelli che spinge una carrozzina mi fa:…ti va di provare? Non me lo faccio ripetere due volte – …certo che voglio provare! Sono pronto! Dico io spingendo la carrozzina. Sono diventato uno spingitore, evvai! Spingo per un paio di km la carrozzina di Elena, fino al trentesimo km e comprendo che non è così semplice come appare e che si hanno pure tante responsabilità. Infatti bisogna fare attenzione a non tamponare gli altri corridori, bisogna evitare buche e tombini che squilibrano la carrozzina facendola sobbalzare con spiacevoli effetti su chi ci è seduto sopra, insomma c’è pure il rischio di far cadere l’atleta speciale che accompagniamo e pare che in passato qualche incidente del genere sia già capitato. Ora comprendo perché tutti i ragazzi indossano il caschetto. Spingere non richiede uno sforzo particolarmente esagerato, del resto siamo tutti maratoneti, ma la posizione delle braccia è sicuramente innaturale e non essendo abituato, già dopo un paio di km sento i bicipiti indolenziti. Ringrazio Elena per essersi fidata di uno spingitore alle prime armi come me e mi accorgo che mancano solo una decina di km. Al trentacinquesimo siamo in pieno centro, ecco il Battistero e una miriade di gente che ci sprona. C’è una gran confusione, sono davanti a tutti e agito le mie braccia per invitare il pubblico a sostenerci, batto il cinque ai bambini, a una di loro regalo la spugna appena presa per rinfrescarmi, dapprima mi guarda con aria sorpresa e un po’ imbronciata, ma poi mentre riparto mi fa un bel sorriso. Il fondo stradale non è dei migliori in questo punto del percorso, il pavé oltre a esser molto duro è anche molto sconnesso, quindi cerchiamo di segnalare tutti gli ostacoli a coloro che guidano le carrozzine. Abbiamo rallentato il nostro ritmo, procediamo a circa 6’20’’ a km, ma dobbiamo anche serrare le fila e aspettare chi sta più indietro, tipo Michele che ha una carrozzina un po’ meno maneggevole, lui è affetto da SLA quindi ha bisogno di un maggior sostegno. Ci tiene tanto a far vedere lo scudetto della Sampdoria in bella mostra sull’anteriore, è un gran tifoso. Gli dico che io tengo per la Magica Roma, mi osserva un po’ perplesso, del resto al cuor non si comanda! In piazza della Signoria vedo davanti a me Marcello, un mio compagno di squadra di Roma che fa una maratona a settimana e pure qualche ultra, come la cento km del Passatore, ci salutiamo e ci incitiamo a vicenda con una pacca sulla spalla. Superiamo il quarantesimo km, la stanchezza non è poca, ma il nostro entusiasmo è alle stelle. Franco ci spiega che all’ultimo km ci fermeremo, metteremo davanti le 8 carrozzine e tutti noi ci posizioneremo dietro a coloro che spingono per arrivare, con questa formazione, tutti assieme al traguardo. Così facciamo e il quarantaduesimo km diviene una sfilata strepitosa. Sul lungarno sono disposti i mezzi che fungono da deposito borse dove gli altri concorrenti, giunti al traguardo prima di noi, si stanno rivestendo. Appena si accorgono del nostro passaggio ci salutano, si sporgono dalle transenne per urlarci tutto il loro entusiasmo, noi facciamo ancora più chiasso, butto uno sguardo sui ragazzi e li vedo contenti, stanno concludendo la loro maratona, Margherita, la veterana, è emozionata e in tanti ormai la conoscono e la chiamano per nome, è felice. Entriamo in piazza Santa Croce e lo speaker ci annuncia al pubblico che risponde con un grande e lungo applauso, qualche bambino si unisce a noi per gli ultimi metri, così come qualche genitore e parente dei ragazzi. Il mio entusiasmo è alle stelle, il cuore mi batte forte, sono commosso e inizio a piangere per l’emozione, superiamo il traguardo e cominciamo ad abbracciarci tutti quanti. Mi piego verso Margherita per baciarla, non so se riuscirò a rialzarmi dopo tutti questi km e la ringrazio per la bella opportunità che mi è stata offerta, un’esperienza unica che resterà per sempre dentro di me. Abbraccio Katy che oggi esordiva in maratona e cominciamo di nuovo a piangere. Vedo Cecilia, la nostra infaticabile organizzatrice, mi avvicino e lei mi chiede com’è andata, non riesco nemmeno a parlare e mi limito a dire solo:…è stato bellissimo! La frase mi si strozza in gola, provo a deglutire, faccio un respiro profondo mi riprendo un attimo e le chiedo della prossima gara. Non vedo l’ora di farne un’altra. Ne ho corse tante di maratone, ma mai mi ero divertito come questa volta. Da oggi sono pure io un Maratonabile, grazie ragazze e ragazzi, siete veramente atlete e atleti speciali!

©2014 Pierstefano Durantini

[/cmsms_text][cmsms_image align=”none” animation_delay=”0″][/cmsms_image][/cmsms_column][/cmsms_row]