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È un caldo primo pomeriggio di un sabato romano di fine ottobre e nel pieno centro della capitale, sulla scalinata di piazza di Spagna, densa di turisti e di gente sdraiata al sole, la vita pare scorrere lenta e svogliata, ma forse è solo ammirazione per questa città splendida e ricca di storia.
Sono circa le 15.30 quando in cima a Trinità dei Monti, sulla balaustra più alta, compare uno striscione, poi un tricolore e qualche bandiera. Non si tratta della bandiera italiana, perché al posto del rosso c’è un arancio acceso e la scritta tra le bande colorate verticali è inequivocabile: «Irlanda Libera» c’è scritto. Lo striscione è lungo, a occhio misurerà una decina di metri e si legge chiaramente anche dalla fontana della barcaccia, reca impressa una frase che chiarisce meglio: «Status Politico per i Prigionieri di Guerra Irlandesi». Alcuni giovani lo sostengono e lo mostrano fieri. Sono pochi, una decina al massimo, ma appaiono estremamente motivati. Hanno distribuito volantini che spiegano che oggi, 26 ottobre 2013, è una giornata di mobilitazione internazionale a sostegno dei Prisoners of War irlandesi e anche Roma, come tante altre città nel mondo, dà il suo contributo.
Massimiliano Vitelli, portavoce per l’Italia del partito irlandese Republican Sinn Féin, spiega che – oltre 150 tra uomini e donne sono attualmente detenuti nelle prigioni inglesi e irlandesi, si tratta di prigionieri che hanno combattuto per un’idea, per ottenere un’Irlanda unita e libera dall’occupazione e dall’imperialismo inglese. Le loro condizioni in carcere stanno peggiorando di anno in anno, essi sono rinchiusi nelle celle per 23 ore al giorno. Ogni volta che ricevono una visita o si recano in tribunale per un’udienza sono sottoposti a brutali strip–search. Una sorta di ispezione corporale, estremamente invasiva, in cui il prigioniero viene tenuto fermo da un gruppo di guardie, mentre un altro secondino perquisisce tutti gli orifizi, proprio tutti. Si tratta di un trattamento disumano e degradante inconcepibile nell’Europa del terzo millennio.
Il 27 ottobre 1980 è l’anniversario dello sciopero della fame avvenuto nei micidiali blocchi H del carcere di Maze e poi tragicamente sfociato, solo pochi mesi dopo, nella morte per inedia di 10 giovani repubblicani irlandesi che desideravano veder riconosciuti i loro diritti di prigionieri politici. L’iniziativa di oggi vuole ricordare quel sacrificio, ma soprattutto desidera scongiurare l’avvento di una terribile situazione simile a quella del 1980/81.
I tanti turisti presenti osservano incuriositi, qualcuno azzarda una domanda in lingua inglese e ottiene risposte chiare. I romani che passeggiano osservano distrattamente, del resto i cittadini della capitale sono abituati a ogni genere di manifestazioni e sit-in di protesta, ma alcuni si fermano, chiedono, commentano.
I giovani, che reggono lo striscione da quasi un’ora, sanno che il loro compito è quello di sostenere la lotta per la libertà di un popolo indomito, oppresso da secoli di imperialismo britannico. Essi vogliono risvegliare le coscienze di chi non ricorda l’esistenza di questo muro vergognoso nella civile Europa, o di chi fa finta di non vedere che una porzione della verde Irlanda è annessa al Regno Unito e oggi, attraverso questa iniziativa, lo stanno gridando a Roma – Caput Mundi.

©2013 Pierstefano Durantini

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